Massima a cura di Avv Valerio Capasso tratta da Tribunale delle Imprese di Torino 27 febbraio 2019 in Giurisprudenza delle Imprese.
Le ipotesi previste dall’art. 97 della legge n. 633 del 1941, nelle quali l’immagine della persona ritrattata può essere riprodotta senza il consenso della persona stessa, sono giustificate dall’interesse pubblico all’informazione, con la conseguenza che, avendo carattere derogatorio del diritto all’immagine, sono di stretta interpretazione: il predetto interesse pubblico non ricorre ove siano pubblicate immagini tratte da un film e la pubblicazione avvenga in un contesto diverso da quello proprio dell’opera cinematografica e della sua commercializzazione.
L’illecito utilizzo della immagine altrui, ai sensi dell’art. 10 c.c., infatti, si configura quando la sua divulgazione, in fotografia o in filmati pubblici, non trova ragione in finalità di informazione, ma nello sfruttamento – in difetto di consenso dell’interessato – commerciale o pubblicitario. Non è mai ammissibile la diffusione non assentita dell’immagine altrui laddove la stessa sia avvenuta per finalità di lucro, per esempio finalità pubblicitarie e promozionali, venendo in tal caso evidentemente a mancare l’interesse pubblico alla divulgazione prevista dall’art. 97 l. n. 633 del 1941. Con specifico riguardo all’utilizzazione commerciale o pubblicitaria dei fotogrammi di un film ritraenti l’immagine di un celebre attore, si ribadisce che, in mancanza del consenso dell’interessato, una tale utilizzazione è illecita anche se non reca offesa ai diritti della personalità di quest’ultimo.
I danni patrimoniali e quelli morali derivanti dall’illecita utilizzazione pubblicitaria dell’identità personale di un personaggio noto possono essere fatti valere dagli eredi. In particolare, l’illecita pubblicazione dell’immagine altrui obbliga innanzitutto al risarcimento dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della pubblicazione e, ove non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, la parte lesa può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, determinandosi tale importo in via equitativa avuto riguardo al vantaggio economico presumibilmente conseguito dall’autore dell’illecita pubblicazione in relazione alla diffusione del mezzo sul quale la pubblicazione è avvenuta, alle finalità perseguite e ad ogni altra circostanza congruente con lo scopo della liquidazione. Nell’utilizzazione dell’immagine di persona notoria, in mancanza di consenso, si prefigura responsabilità extracontrattuale derivante dall’annacquamento dell’immagine per la perdita di valore commerciale della stessa. Nel caso di specie, l’annacquamento dell’immagine della sig.ra Audrey HEPBURN si evince agevolmente dalle fotografie delle magliette prodotte dalle parti attrici, dove la sig.ra Audrey HEPBURN viene ritratta con il dito medio alzato o ricoperta di tatuaggi o, ancora, con grandi palloncini di gomme da masticare in bocca. Infine, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., agli attuali attori va riconosciuto anche il danno non patrimoniale – unitariamente inteso – subito in conseguenza del grave abuso del diritto all’immagine, dell’illecito trattamento dei dati personali e dalla particolarmente invasiva interferenza nella vita privata.
La mancata partecipazione al primo incontro di mediazione, se non fondata su un giustificato motivo impeditivo che abbia i caratteri dell’assolutezza e della non temporaneità o su un dissenso consapevole, informato e motivato, equivale ad assenza ingiustificata nonostante la preventiva comunicazione delle ragioni della decisione di non prendervi parte. Quindi, la condotta della parte che non si reca al primo incontro di mediazione e si limita a rappresentare per iscritto all’organismo di mediazione la decisione di non partecipare allo stesso, eventualmente anche illustrandone le ragioni, va interpretata alla stregua di una assenza ingiustificata della parte invitata, che la espone al rischio di subire le conseguenze sanzionatorie, sia sul piano processuale che su quello pecuniario, previste dall’art. 8, comma 4 bis, del D.lgs.. n. 28/2010.